J. De Barbari, 1500 |
Al primo periodo appartengo le cosiddette vedute prospettiche e piante prospettiche della Città e delle Lagune: dalla rarissima veduta prosp. di Erhard Reuwik (1470), sino alla pianta prosp. di Jacopo de Barbari (1500), dalla pianta di Matteo Pagan (1559) al rame di Paolo Forlani (1566), solo per citare alcuni degli esempi più celebri di questa produzione.
Si tratta di incisioni bellissime, a volte di dimensioni ragguardevoli (piante murali) e oggi quasi introvabili sul mercato, realizzate con una perizia e un ingegno che ne fanno vere e proprie opere d'arte. Ad esse nei decenni successivi si sono ispirati altri importanti disegnatori, incisori ed editori, primo fra tutti Merian (1635). Possiamo indicare questi primi 150 anni come il periodo della cartografia rinascimentale: quello in cui arte e tecnica vivevano in simbiosi, anche se l'importanza dell'elemento decorativo -della ricerca del bello- di norma prevale su quello del rigore topografico.
Si tratta di incisioni bellissime, a volte di dimensioni ragguardevoli (piante murali) e oggi quasi introvabili sul mercato, realizzate con una perizia e un ingegno che ne fanno vere e proprie opere d'arte. Ad esse nei decenni successivi si sono ispirati altri importanti disegnatori, incisori ed editori, primo fra tutti Merian (1635). Possiamo indicare questi primi 150 anni come il periodo della cartografia rinascimentale: quello in cui arte e tecnica vivevano in simbiosi, anche se l'importanza dell'elemento decorativo -della ricerca del bello- di norma prevale su quello del rigore topografico.
M. Merian, 1635 |
Verso la fine del '600, con l'avanzare della studi e della tecnica topografica, l'elemento scientifico comincia ad acquisire sempre più valore e si apre così una seconda fase: quello delle piante topografiche propriamente dette, carte molto più dettagliate precise e rigorose, con un numero decisamente più alto di toponimi e con l'utilizzo di segni convenzionali spiegati in una legenda. E' insomma l'epoca della topografia scientifica, i cui precursori sono Alessandro Badoer, già ad inizio 600, e poi a fine '600 Vincenzo Coronelli. Ma la forma compiuta e definitiva di questa nuova tipologia di carte, frutto di precisissime misurazioni e rilevazioni scientifiche, è senz'altro rappresentata dalla pianta di Ludovico Ughi, edita per la prima volta dal Baroni nel 1729.
L. Ughi, 1729. Ed. Baroni |
La carta consta di 20 piastre in rame: 8 fogli per la pianta vera e propria e tutto attorno un'ampia cornice formata da dodici pezzi di varie dimensioni. Il lato superiore contiene il titolo "Iconografica rappresentatione della Città di Venetia / consacrata al Reggio Serenissimo Dominio Veneto", quello inferiore riporta una sommaria descrizione della Città; il lato sinistro e destro ospitano sedici piccole vedute tratte da stampe di Luca Carlevarjs. Nella dedica l'autore spiega come la topografia di Venezia venga qui disegnata per la prima volta con l'esatta misurazione delle distanze e degli angoli. Un lavoro di grande importanza scientifica, simile per molti verso a quello realizzato da Giovanni Valle circa 50 anni dopo per realizzare la grande Pianta di Padova edita da Volpato
La carta dell'Ughi, per altro una carta di ragguardevoli dimensioni (cm. 147 x 263), ebbe un impatto e un successo straordinario, tanto che nei decenni successivi i più importanti editori veneziani (Furlanetto, Giampiccoli e Viero) la ripubblicarono varie volte, contendendosene aspramente i diritti di stampa. Un secondo stato della pianta si ha già una dieci anni dopo, ad opera proprio del Furlanetto che aveva nel frattempo acquistato la bottega degli eredi di Baroni; pochi anni dopo Jaques Nicolas Bellin e il Giampiccoli pubblicarono un'edizione dell'Ughi in dimensioni ridotte e poi di nuovo Furlanetto nel 1787 rieditò la stampa anch'egli in versione ridotta ma assolutamente fedele all'originaria del 1729.
L. Ughi, 1797, Ed. Furlanetto (III stato) |
Il successo dovette essere tale e tanto che nei successivi anni dalla tipografia del Furlanetto ne uscirono ben 4 stati successivi, l'ultimo dei quali data 1829. E' questa -tra l'altro- l'epoca delle grandi baruffe editoriali tra gli stampatori di Venezia (e non solo): accesissime contese sui diritti di pubblicazione di questa o quell'altra opera, libri o stampe che fossero, accompagnate da aspre polemiche sulle non infrequenti imitazioni e contraffazioni.; per proteggere e tutelare la produzione (insomma per ottenere l'odierno copyright) era d'uso presentare istanza ai Riformatori dello Studio di Padova: così fece in quegli anni il Furlanetto, che nel 1780 ottenne l'agognato privilegio per alcuni dei propri rami più importanti, tra cui naturalmente anche la nostra pianta. Privilegio che a quanto pare non bastò ad impedirne la ristampa, qualche anno dopo, dai torchi del rivale Teodoro Viero.
Eredi di J. B. Homman, 1762 (II stato) |
Insomma, tenersi stretto il copyright della Pianta dell'Ughi costituiva uno dei compiti più improbi per gli editori della Serenissima. Del resto già alcuni anni prima -e precisamente nel 1762- persino i famosi e potentissimi Eredi di J. B. Homman ne editarono una versione: un' edizione molto bella (solitamente sempre coloratissima, alla maniera dei celebri stampatori tedeschi) che consta della pianta vera e propria, di cm. 485x558, accompagnata da una veduta della Città che abbraccia la prospettiva di Venezia da San Giorgio fino al rio della Ca' di Dio.
(Bibliografia: Cassini, Piante e Vedute Prospettiche di Venezia / Moretto, Venetia)
Un esemplare originale della pianta edita dal Furlanetto del 1787 (nel terzo stato) e uno della pianta edita dagli Eredi di J. B. Homman sono disponibili nel catalogo della Libreria Minerva.