IL SEGNO DELLA LUCE: TONY MICHELON


Interno con paesaggi e luci.

Le fotografie di Tony Michelon alla Libreria Minerva.

La conoscenza della fotografia è tanto importante quanto quella dell’alfabeto. Gli analfabeti del futuro saranno quelli che ignoreranno l’uso della macchina fotografica e della penna. (L. Moholy-Nagy)

Con la sua opera fotografica, Tony Michelon dà luogo a delle scritture di luce. Non diversamente da alcuni esponenti delle Avanguardie storiche, quali Man Ray o Lázló Moholy-Nagy, l’autore si propone di pervenire a esiti espressivi di carattere nuovo attraverso una ponderazione sulla “sostanza” del mezzo fotografico, le sue peculiarità, la sua fenomenologia. A tale riflessione è riconducibile il risalto conferito alla componente luminosa, non solo espressa nei suoi valori atmosferici o nella facoltà di rilevare le forme, ma anche impiegata per creare tracce grafiche contraddistinte da un marcato dinamismo. 

D’altronde, l’evocazione del movimento attraverso una forma o un’immagine immutabile rappresenta una delle sfide più ambiziose tra quelle affrontate dalle correnti d’avanguardia del XX secolo: sfida con cui anche Michelon ha scelto di confrontarsi. Nelle sue immagini, aventi quale soggetto scenari naturali e urbani, la restituzione di questo fenomeno avviene tramite un procedimento collaudato. In occasione dello scatto, l’autore amplia in misura non convenzionale il tempo di esposizione dell’apparecchio fotografico, imprimendogli poi degli spostamenti nello spazio finalizzati a distendere nel perimetro dell’immagine l’impressione depositata dalle fonti luminose. In alcuni casi, l’artista opta per rotazioni destinate a concludersi con un ritorno al punto di partenza: la foto che ne scaturisce presenta così una dialettica tra la “ferma” leggibilità del paesaggio immortalato e l’instabile perturbazione delle scie luccicanti che lo attraversano. 

La macchina fotografica si sostituisce perciò agli strumenti della pittura e del disegno, utilizzando la luce come un pigmento e producendo segni che ripercorrono i movimenti che l’hanno interessata; almeno su di un piano concettuale, il pensiero va all’esperienza pittorica di Mark Tobey e alla peculiare eloquenza del segno-luce, sillaba primordiale della sua grammatica espressiva. Ponendo in essere un superamento delle modalità compositive, nonché delle prassi operative, tradizionalmente connesse alla fotografia di paesaggio, Michelon accende di ogni luogo visitato la nascosta elettricità. Le sue immagini, sintesi di tempo, luce e movimento, trovano ora una collocazione stimolante negli ambienti sotterranei della Libreria Minerva. 

In un contesto spaziale sostanzialmente privo di aperture sull’esterno, le fotografie dell’artista divengono delle finestre ideali affacciate su di un mondo dove sembrano fronteggiarsi le forze dell’ombra e quelle della luce. L’opera chiamata a concludere il percorso espositivo ha per soggetto la medesima parete su cui è collocata: la rappresentazione si sovrappone dunque alla superficie originale, presentandone una versione trasfigurata e agitata da onde di energie luminose.

(Nicola Galvan)