BRUSTOLON: UN INCISORE "IN FESTA"


LA SAGRA NOTTURNA DI SANTA MARTA
IL DOGE IN POZZETTO IN PIAZZA SAN MARCO
Originario del bellunese, Giambattista Brustolon nacque a Venezia nel 1712. Secondo Moschini (ed. 1924) «Giambattista Brustolon e Crescenzio Ricci si educarono alla scuola del Wagner, dove strinsero tale amicizia, cui non poté disciogliere che la morte.Nel 1763, presso l'editore Ludovico Furlanetto, uscì il primo tomo di dodici vedute veneziane derivate da dipinti del Canaletto per il tramite della traduzione incisoria fatta dal Visentini, che fu ripresa dal Brustolon in formato leggermente ingrandito. Detta serie, intitolata Prospectuum Aedium, Viarumque insigniorum Urbis Venetiarum[...]dedicata al doge Marco Foscarini, fu completata con l'aggiunta di altre tavole derivate dal Marieschi, dal Moretti ed ancora dal Canaletto, fino a raggiungere il numero di ventidue, oltre al frontespizio disegnato dal Visentini. Il 6 agosto 1766 Furlanetto otteneva il privilegio ventennale per la più spettacolare serie di incisioni del Brustolon, illustrante le solenni cerimonie della Serenissima.

È da notare che Furlanetto aveva inizialmente affidato all'artista il compito di incidere solo otto tavole raffiguranti le funzioni che si svolgevano a Venezia alla presenza del doge. Il successo della sottoscrizione per quelle prime otto stampe, iniziata nel mese di marzo del 1766, fu tale da indurre Furlanetto a richiedere nel successivo mese di maggio il privilegio privativo per altri quattro rami.
PARTENZA DEL DOGE SUL BUCINTORO
 Venne portata così a dodici stampe la serie, comunemente chiamata Feste Ducali, derivata da grandi disegni acquerellati del Canaletto elaborati con sapiente articolazione chiaroscurale e con abilissima impostazione scenografica. L'edizione definitiva del Prospectum conterra 22 tavole complessive.Pignatti (1968) notò che Brustolon «seppe rendere spesso la trasparenza dei cieli del Canaletto, e la luminosa brillantezza delle architetture. Fece uso notevole del bulino e di ripetute morsure, spesso avvicinandosi ad effetti di acquatinta, tipici d'altronde delle tecniche più evolute nella incisione veneta sulla fine del secolo. (Testo tratto da  DA CARLEVARIS AL TIEPOLO. INCISORI VENETI DEL SETTECENTO di D. Succi, 1983)